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Delfini Morti

Si teme che ad uccidere i cetacei, quasi tutti di giovani età, sia un morbo e che ci si trovi di fronte a un'epidemia

 

Si teme che ad uccidere i cetacei, quasi tutti di giovani età, sia un morbo e che ci si trovi di fronte a un'epidemia 

LIVORNO - Sono morti davanti al loro paradiso, quel "santuario dei cetacei" che avrebbe dovuto proteggerli. L’agonia di cinque delfini, giovani esemplari di stenella, ha avuto come teatro il litorale che da Livorno arriva sino alle spiagge di Orbetello. Un sesto cetaceo, spiaggiato, è riuscito a recuperare il largo grazie all’aiuto degli uomini della guardia costiera e della forestale, ma nessuno sa dire se ce l’ha fatta. La moria si è consumata in una settimana e adesso sul litorale toscano è allarme. Si teme che ad uccidere i cetacei, quasi tutti di giovani età, sia un morbo e che dunque ci si trovi di fronte a un’epidemia. 

VIRUS DEL MORBILLO - L'ultimo animale morto è stato trovato martedì sera ad Antignano, un quartiere residenziale a sud di Livorno. Era un piccolo di stenella di 90 centimetri, come altri quattro esemplari morti mentre solo un quinto mammifero era adulto ed era lungo quasi due metri. Le prime analisi, inviate ai laboratori dell’Università di Siena, escluderebbero la presenza del virus del morbillo, malattia terribile per i cetacei responsabile di stragi, ma le analisi sono ancora in corso. Si sta anche individuando nei tessuti prelevati la presenza di metalli pesanti. Morte da inquinamento, dunque? «Mi sembra un’ipotesi improbabile - risponde Michela Ria, biologa dell’Area Mare dell’Arpat, l’Agenzia regionale protezione ambientale - perché il mar Tirreno non è così inquinato. Il virus del morbillo potrebbe essere una spiegazione, ma non è escluso che i delfini abbiamo perso l’orientamento. Sono quasi tutti piccoli e potrebbero aver perso la madre ed essere arrivati a riva per poi rimanere intrappolati». 

BUSTE DI PLASTICA - I delfini morti sono stati trovati nel tratto di mare davanti alla Feniglia a Orbetello, Piombino, Isola d’Elba, Castiglioncello e Antignano. Zone non particolarmente colpite dall’inquinamento. Escluso anche un "effetto Puglia", cioè la possibilità che i cetacei abbiamo ingerito buste di plastica come accaduto ai capodogli. «I delfini non ingeriscono plastica - spiega la dottoressa Ria -, semmai sono le tartarughe di mare le più minacciate da questo tipo di inquinamento». Venti giorni fa i biologi dell’Arpat hanno salvato una tartaruga di mare caretta caretta di 70 chili impigliato da una rete. «È riuscita a riprendere il mare con grande facilità - ricorda Ria - e per tutti noi è stata una grande gioia». 

Fonte Informazione: corriere

Divemania.it