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Grotta del Tinetto (Liguria)

E’ una penetrazione pressochè rettilinea leggermente in salita che non presenta ostacoli, illuminata a metà del percorso dai raggi di sole che tagliano l’oscurità.

 

Si tratta di uno dei punti più suggestivi, certamente il più scenografico, delle immersioni che l’arcipelago spezzino offre. Può essere tranquillamente affrontato da subacquei esperti ed alle prime esperienze, ma soprattutto, dato i giochi di luce che si creano all’interno dell’antro , è ideale per foto e videosub. L’ingresso della Grotta del Tinetto si trova sul lato occidentale dell’isolotto, all’altezza di una ampia crepa che incide la parete esterna, mentre ventidue metri sotto la chiglia il fondale è pianeggiante caratterizzato da fango e sassi isolati. L’antro della cavità si trova a meno diciotto/diciannove metri di profondità e lo si interseca scendendo verticalmente lungo la parete. L’ingresso, alto circa un paio di metri, consente di addentrarsi nel cunicolo per una lunghezza totale di circa trenta metri. E’ una penetrazione pressochè rettilinea leggermente in salita che non presenta ostacoli, illuminata a metà del percorso dai raggi di sole che tagliano l’oscurità. Lampi di luce che luccicanti come spade cadono dall’alto e trafiggono la penombra. Calano attraverso una nuova frattura della roccia che dal centro dell’isolotto mette in comunicazione l’ambiente sommerso con quello terrestre. Per ottimizzare l’immersione occorre esplorare la Grotta del Tinetto procedendo in fila indiana, gestire l’assetto per non sollevare sospensione, che comunque a breve inizia a cadere come neve mossa dallo scarico delle bolle. Indispensabile è munirsi di una torcia subacquea perché, scenografie a parte le pareti e la volta della caverna sono una vera fucina di organismi marini. Il percorso prevede generalmente la penetrazione del primo tratto del cunicolo, giunti all’incrocio del camino verticale la sua esplorazione e poi su fino a sbucare in superficie dove è addirittura possibile togliere l’erogatore e scambiare quattro chiacchiere. Da notare che ciò è possibile in condizioni di mare ottime perché col mare mosso si rischia di andare a battere contro le rocce. Una volta emersi poi si scende nuovamente e prima dell’uscita dalla grotta è consigliato dedicare l’attenzione alle colonizzazioni che ne impreziosiscono ogni centimetro quadrato di roccia.Tra gli organismi sessili si trovano infatti colonizzazioni di Parazoanthus e spugne, di Serpule e Ascidie. Fuori della grotta l’immersione prosegue piegando a sinistra per continuare ad ammirare questa volta le particolarità che la parete ancora offre. Comune è l’incontro con gronghi e aragoste, mentre rami di Paramunicea si identificano già ad una 15 di metri di profondità. 
 
Testo tratto dal volume "I tesori sommersi del Parco.L'Area di Tutela Marina" scritto da Adriano Penco.